Descrizione
Cinquant’anni fa, il Carnevale era una grande festa attesa tutto l’anno. Per le popolazioni rurali del passato, il fluire circolare del tempo era scandito dal ritmico alternarsi dei mesi e delle stagioni. Un moto che era intercalato dai lavori stagionali: potatura delle piante, raccolta delle erbe spontanee, scerbatura, transumanza, mietitura, trebbiatura, preparazione e stoccaggio dei prodotti alimentari, vendemmia, aratura, semina, raccolta delle olive e uccisione del maiale. Per le popolazioni agro-pastorali del passato, Carnevale era la festa più importante dell’anno. Più di Natale e Pasqua. Il motivo di tale rilevanza risiedeva nel senso di libertà che l’evento sprigionava. A Carnevale s’invertivano i ruoli, dilagavano le trasgressioni e le burle e, finalmente, un po’ tutti potevano riempirsi la pancia. Il caos temporaneo, i mascheramenti improvvisati, i canti di questua, le trasgressioni individuali e collettive oggi sono state in parte rimosse per dare spazio a manifestazioni più ordinate, gestite da organizzazioni locali più rassicuranti e controllate (in genere le Pro-Loco). Il “mondo alla rovescia” che proponeva il vecchio Carnevale è da tempo scomparso. Attualmente, nonostante alti e bassi, laddove il Carnevale si rinnova anche lo spirito dionisiaco continua a manifestarsi nell’atmosfera rumorosa, esaltante e coinvolgente delle sfilate carnevalesche e dei banchetti che seguono a base di cibo e alcool. Sono rituali che, in genere, sopravvivono solo nei piccoli centri abitati, dove la modernità non è riuscita del tutto a cancellare le antiche tradizioni.
Prefazione di Giovanni Kezich
Recensioni
Ancora non ci sono recensioni.